I diritti LGBT+ nei Paesi Nordici

i diritti LGBT+ nei Paesi Nordici

I DIRITTI LGBT+ NEI PAESI NORDICI: PERCHÉ I PAESI NORDICI SONO COSÌ AVANTI SUI DIRITTI LGBT+

In tema di inclusione e parità, Scandinavia e Paesi Nordici in generale sono ai vertici d’Europa. La Danimarca è stato il primo Paese a legalizzare le coppie di fatto anche omosessuali, e oggi in tutti i Paesi sono legali il matrimonio, anche in Chiesa, e l’adozione. Il dibattito esiste, le discriminazioni pure, ma si è spostato su tematiche più complesse, come i diritti delle persone trans, le persone non binarie e via dicendo, ma in genere l’atmosfera che si respira è rilassata e inclusiva.

E con una lunga tradizione: come insegna il libro The Danish Girl, da cui è derivato il film del 2015 con Eddie Redmayne e l’attrice svedese Alicia Vikander, fu danese la prima donna trans a sottoporsi a operazione per il cambio di sesso, e questo nei primi anni del XX secolo.

Ad ogni modo, tutti i Paesi Nordici hanno una lunga e complessa storia legata ai diritti delle persone LGBT+. Nonostante vi siano delle somiglianze nelle loro traiettorie legislative e sociali, ciascuno di questi paesi ha affrontato il tema dell’inclusione e dei diritti LGBT in maniera leggermente diversa, con evoluzioni temporali e culturali distinte.

i diritti LGBT+ nei Paesi Nordici

I diritti LGBT+ nei Paesi Nordici:

DALLA DECRIMINALIZZAZIONE DELL’OMOSESSUALITÀ ALLE PRIME ASSOCIAZIONI

Al pari del resto d’Europa, l’omosessualità è stata a lungo criminalizzata in tutti i paesi nordici. E il processo di decriminalizzazione è partito più tardi rispetto agli altri Paesi europei: tra i nordici, la Danimarca fu il primo paese a legalizzarla nel 1933, seguita dall’Islanda, all’epoca sua colonia, nel 1940, dalla Svezia nel 1944, dalla Finlandia nel 1971 e infine dalla Norvegia nel 1972. Durante gli anni ’50 e ’60, la percezione pubblica nei confronti delle persone omosessuali era fortemente negativa, e i luoghi di ritrovo per la comunità LGBT erano pochi e difficili da raggiungere.

Gli anni ’60 e ’70, con la cultura hippie e la “rivoluzione sessuale” che nei Paesi Nordici, e in particolare in Danimarca, ebbe un eco significativo, segnarono un punto di svolta, con l’emergere di una cultura omosessuale più pubblica e l’organizzazione di movimenti a favore dei diritti omosessuali.

In questo contesto, nacquero le prime grandi organizzazioni LGBT nordiche: in Danimarca e Svezia nel 1948, in Norvegia nel 1949. La Finlandia e l’Islanda, tuttavia, dovettero attendere rispettivamente fino al 1969 e al 1978 per avere delle organizzazioni simili. Le organizzazioni di quegli anni si concentravano principalmente sulle persone gay e lesbiche, mentre i gruppi si persone trans iniziarono a formarsi solo negli anni ’60.

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GLI EFFETTI DELL’EPIDEMIA DI HIV E AIDS

Gli anni ’80 furono segnati dalla crisi dell’HIV/AIDS, che portò nuovi stigmi e nuove discriminazioni per la comunità omosessuale. Sebbene l’omosessualità fosse già stata decriminalizzata in tutti i paesi nordici, la diffusione dell’HIV contribuì a diffondere ulteriore paura e pregiudizio nei confronti delle persone gay, con conseguenze negative sia sul piano sociale che politico.

Al di là degli insulti anche pubblici, è rimasto a lungo questo stereotipo tanto che per un periodo alle persone omosessuali fu impedito persino di donare il sangue, in quanto si faceva l’equazione sbagliata che le persone omosessuali fossero automaticamente portatrici della malattia. Oggi, fortunatamente le cose sono cambiate.
L’INCLUSIONE DEI DIRITTI DELLE PERSONE TRANSGENDER E INTERSEX
I paesi nordici sono stati pionieri anche nel riconoscimento legale delle persone transgender.

Tuttavia, le leggi originali riflettevano norme di genere rigide e limitate. Solo nel XXI secolo, le persone transgender furono ufficialmente incluse sotto l’ombrello delle organizzazioni LGBT, seguite dalle persone intersex in tempi più recenti.

Proprio perché incluse di recente, queste persone sono ancora oggetto di discriminazione, anche istituzionale. Proprio ad agosto 2024, Maria Bjerre, esponente del partito di centrodestra liberale Venstre (che significa sinistra!), membro del governo Mette Frederiksen in Danimarca e fino a quel momento Ministra alle Pari Opportunità, ha scritto un lungo editoriale (kritik, in danese) scagliandosi proprio contro le donne trans, definendole pericolose per il femminismo e per i diritti delle donne.

L’editoriale ha dato vita a un grande scandalo, tanto che poco più di una settimana dopo Mette Frederiksen ha colto l’occasione per rimescolare ministri e ministeri, e Maria Bjerre è stata spostata dal ruolo per fare quello di Ministra per i Rapporti con l’Unione Europea. Ma come si nota, non è stata allontanata dal governo, né lei si è dimessa, segno della convinzione delle sue parole.

Anche in Svezia il dibattito sulle persone trans è ancora molto acceso e, anzi, si è riacceso anche quello sulle persone omosessuali. La serie TV Netflix Young Royals, in questo, ci dà una piccola visione della situazione in Svezia, dove nessun politico si sognerebbe di togliere i diritti acquisiti, ma le persone LGBT sono state e sono oggetto di discriminazione dai partiti più radicali, come i Democratici Svedesi (Sverige Demokraterna).
LA SITUAZIONE OGGI E LE INIZIATIVE PER LE PERSONE LGBT+ PIÙ ANZIANE
Tolti questi episodi, le persone LGBT+ nei paesi nordici sono molto più libere che nel resto del mondo. E, anzi, anche le persone anziane appartenenti alla comunità LGBT godono di una rete di supporto crescente.

In Finlandia, per esempio, sono attive associazioni come “Sateenkaariseniorit” (arcobaleno senior), che offrono spazi di incontro e formazione per i professionisti della sanità. In Norvegia, dal 2006 esiste un progetto che si occupa dell’invecchiamento queer, con diverse iniziative sociali per persone anziane. Anche in Svezia sono nati gruppi come i “Gayseniorerna” a Stoccolma e gli “HBT-seniorerna” a Göteborg.

Mentre la maggior parte dei paesi nordici ha sviluppato servizi specifici per gli anziani LGBT+ le aree più remote come le Isole Fær Øer, la Groenlandia e le Isole Åland non dispongono di strutture dedicate, anche se hanno organizzazioni LGBT attive. Il progetto più recente riguarda la Danimarca, che nell’autunno del 2023 ha iniziato a creare nuovi spazi di incontro per la popolazione LGBT anziane.

Come visto, quindi, tutti i paesi nordici sono ben posizionati nella classifica di ILGA Europe, che valuta annualmente la situazione dei diritti LGBTI in Europa. Nelle classifiche del 2023 e del 2024, Danimarca, Islanda, Finlandia, Svezia e Norvegia figurano tra i primi dieci paesi in termini di diritti e protezioni. Tuttavia, la mappa evidenzia anche un aumento dei discorsi d’odio, in particolare contro le persone transgender.

Tutti i paesi nordici hanno adottato leggi anti-discriminazione che coprono l’orientamento sessuale e l’identità di genere, sebbene l’ambito di protezione vari da paese a paese. Inoltre, come abbiamo visto le coppie dello stesso sesso hanno il diritto di sposarsi in tutti questi paesi, con le stesse leggi che regolano i matrimoni eterosessuali.

Nonostante i progressi compiuti, molte sono ancora le questioni irrisolte. Al di là delle discriminazioni verso le persone trans di cui sopra, c’è anche poca accettazione delle persone Intersex. Ad esempio, solo l’Islanda ha vietato le operazioni sui neonati intersex senza il loro consenso, mentre negli altri paesi nordici mancano ancora leggi specifiche in tal senso. Tuttavia, sono in corso iniziative legislative per colmare queste lacune, dimostrando che i paesi nordici continuano a volersi migliorare nel voler creare una società più inclusiva possibile.

Articolo in collaborazione con

Robin Mørensson,
founder @ NØGLEN

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