IL LATTE DEI SOGNI: CI SARÀ UN RITORNO AGLI ANTICHI MITI E ALLE LEGGI DELLA NATURA?
Il padiglione nordico della Biennale d’Arte di Venezia si trasforma in “The Sámi Pavillion“.
Finlandia, Norvegia e Svezia cedono lo spazio espositivo all’unica popolazione indigena europea ancora esistente.
Tra le questioni territoriali, l’impatto del mutamento climatico e le politiche governative, il padiglione dei sámi segna una svolta importante perchè consolida la visibilità internazionale di un’identità culturale e un valore artistico a lungo dimenticati o sottovalutati.
Finlandia, Norvegia e Svezia cedono lo spazio espositivo all’unica popolazione indigena europea ancora esistente.
Tra le questioni territoriali, l’impatto del mutamento climatico e le politiche governative, il padiglione dei sámi segna una svolta importante perchè consolida la visibilità internazionale di un’identità culturale e un valore artistico a lungo dimenticati o sottovalutati.
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L'ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE
Frutto dei tempi correnti privi di certezze, la 59 Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia si potrebbe definire una mostra antropologica. Partendo dal titolo di un racconto per bambini dell’artista surrealista Leonora Carrington, The Milk of Dreams segue uno stile onirico che come qualunque fiaba fa sognare, ma allo stesso tempo inquieta. Le opere appaiono come delle allegorie concilianti accanto ad altre che affrontano il reale per quello che è, fatto di dominio e sottomissione, potere e ribellione.
Ed è in questo contesto che il padiglione nordico celebra l’arte e l’identità culturale del popolo sami, a conferma che queste non sono bizzarri resti del passato, ma espressioni vive e moderne che affiancano le culture ufficiali senza alcun complesso di inferiorità. Si assiste a un sovvertimento dei confini nazionali in virtù di una regione geografico-culturale, Sápmi, che si estende nelle regioni settentrionali della Norvegia, Svezia, Finlandia e della penisola di Kola in Russia.
IL PADIGLIONE
Nei Giardini della Biennale la qualità impressionista di uno joik si concretizza nelle approccio corale di tre artisti di origine sámi che rende evidente il legame indissolubile di questo popolo con la natura, il rapporto con il mondo invisibile e la capacità dell’uomo di evolversi continuamente. Più che di arti etniche si dovrebbe parlare di elaborazioni di questioni universali: il dominio, il rapporto con il potere, l’oppressione e la ribellione, la sconfitta e la speranza.
Il padiglione dedicato ai Sámi è un riconoscimento dell’autodeterminazione indigena di questo popolo nomade della Lapponia che sa ascoltare la natura in un momento cruciale in cui l’Artico sta affrontando gli esiti di una crisi climatica senza precedenti e dove l’aumento delle temperature, tre volte più rapido rispetto alla media globale, sta avendo conseguenze disastrose per gli allevamenti di renne, mettendo a repentaglio lo stesso stile di vita Sámi.
Il padiglione dedicato ai Sámi è un riconoscimento dell’autodeterminazione indigena di questo popolo nomade della Lapponia che sa ascoltare la natura in un momento cruciale in cui l’Artico sta affrontando gli esiti di una crisi climatica senza precedenti e dove l’aumento delle temperature, tre volte più rapido rispetto alla media globale, sta avendo conseguenze disastrose per gli allevamenti di renne, mettendo a repentaglio lo stesso stile di vita Sámi.
GLI ARTISTI
Trattando i temi più urgenti della contemporaneità come il cambiamento climatico, la deforestazione e i diritti di identità, i performance video di Pauliina Feodoroff, le fragili strutture sospese di Máret Ánne Sara e la serie di collage di Anders Sunna raccontano la storia della loro patria senza confini evidenziando l’interconnessione che unisce terre, acque e persone.
Unendo antiche usanze, pratiche culturali, tradizioni orali, miti e ricordi personali, l’artista Britta Marakatt Labba, conosciuta per i suoi ricami eseguiti con sottili fili di lana su tessuto bianco, espone poetici arazzi all’Arsenale. Le vedute innevate sono costellate di betulle, renne, stelle e figure che indossano particolari copricapi rossi ladjogáhpir.
Árran invece è la parola sámi per indicare il focolare attorno a cui ci si riunisce e che dà il nome al progetto ÁRRAN 360°, composto da sei lavori commissionati a una nuova generazione di registi e artisti digitali. I loro film verranno proiettati su uno schermo che avvolgerà gli spettatori a 360 gradi, coprendo le pareti curve di una grande tenda lávvu e creando un ponte ideale tra la Biennale d’Arte e il Festival del Cinema di Venezia.
Unendo antiche usanze, pratiche culturali, tradizioni orali, miti e ricordi personali, l’artista Britta Marakatt Labba, conosciuta per i suoi ricami eseguiti con sottili fili di lana su tessuto bianco, espone poetici arazzi all’Arsenale. Le vedute innevate sono costellate di betulle, renne, stelle e figure che indossano particolari copricapi rossi ladjogáhpir.
Árran invece è la parola sámi per indicare il focolare attorno a cui ci si riunisce e che dà il nome al progetto ÁRRAN 360°, composto da sei lavori commissionati a una nuova generazione di registi e artisti digitali. I loro film verranno proiettati su uno schermo che avvolgerà gli spettatori a 360 gradi, coprendo le pareti curve di una grande tenda lávvu e creando un ponte ideale tra la Biennale d’Arte e il Festival del Cinema di Venezia.
IL LOGO
Uscendo dal padiglione nordico notiamo come il logo della mostra illustra tre elementi centrali nella cultura sámi.
Il primo è il simbolo del sole, il secondo riporta al concetto spirituale del sáivu, un mondo parallelo capovolto rappresentato attraverso le lettere specchiate. Il terzo elemento si riferisce a un’antica leggenda che lega le renne a una costellazione. Il cielo notturno narra di un cacciatore con l’arco rivolto verso la renna cosmica in una caccia eterna.
Quando la renna verrà colpita dalla freccia, il mondo come lo conosciamo oggi finirà.
Il primo è il simbolo del sole, il secondo riporta al concetto spirituale del sáivu, un mondo parallelo capovolto rappresentato attraverso le lettere specchiate. Il terzo elemento si riferisce a un’antica leggenda che lega le renne a una costellazione. Il cielo notturno narra di un cacciatore con l’arco rivolto verso la renna cosmica in una caccia eterna.
Quando la renna verrà colpita dalla freccia, il mondo come lo conosciamo oggi finirà.
Scritto da: Ida Montrasio
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